Diritto alla provvigione del mediatore:

le sentenze di Cassazione

 

Sommario:

·         Non occorre che tra venditore e acquirente si firmi un contratto

 

Per aver diritto alla provvigione, basta segnalare l’esistenza dell’affare e mettere in contatto i contraenti

 

Cassazione, 17/5/02 n. 7253

Nella mediazione, anche la semplice attività consistente nella segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione, quando tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, successivamente valorizzata dalle parti.

 

Cassazione, 13/8/97 n. 7554

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'opera dallo stesso svolta senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative fino all'accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nell'indicazione dell'altro contraente, o nella segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione, semprechè tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti.

 

Cassazione, 16/1/97 n. 392

Ai fini del diritto del mediatore alla provvigione l'art. 1755 c.c. non richiede l'intervento del mediatore in tutte le fasi delle trattative sino all'accordo definitivo, ma è sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera da lui svolta per l'avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la sola attività consistente nel ritrovamento o nell'indicazione dell'altro contraente o nella segnalazione dell'affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti. L'imparzialità del mediatore non consiste in una generica ed astratta equidistanza dalle parti, né può escludersi per il solo fatto che il mediatore prospetti a taluna di queste la convenienza dell'affare, ma va intesa, conformemente al dettato dell'art. 1754 c.c., come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d'opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l'attività dell'intermediario.

 

Il diritto nasce alla stipulazione del compromesso (preliminare)

 

Cassazione, 10/5/02 n. 6731

Anche la conclusione di un preliminare di compravendita dà diritto alla provvigione, per il mediatore, se l'affare voluto dalle parti da lui messe in contatto è una compravendita, salvo che sussista un'originaria causa di inefficacia dello stesso. Anche il successivo scioglimento del rapporto esclude il diritto del mediatore alla provvigione, ma solo se si ricolleghi a cause coeve, che il mediatore sapeva avrebbero potuto produrlo. Esattamente, in particolare, è affermato il diritto del mediatore alla provvigione nell'ipotesi in cui le parti abbiano sottoscritto un preliminare, successivamente risolto consensualmente, avente a oggetto un immobile realizzato in difformità della licenza edilizia, qualora risulti che sussistevano le condizioni per il rilascio di una concessione in sanatoria ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 47 del 1985. (Opera che, sebbene realizzata in parziale difformità dal progetto inizialmente approvato, non sia in contrasto con la disciplina urbanistica che avrebbe dovuto essere osservata e con quella in atto al momento della presentazione della domanda di sanatoria).

 

Cassazione, 9/10/01 n. 12361

Per conclusione dell’affare dalla quale, à norma dell’articolo 1755 del Cc, sorge il diritto alla provvigione del mediatore, deve intendersi il compimento di un’operazione nè di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento. del danno, sicché anche la stipulazione di un contratto preliminare è sufficiente a far sorgere tale diritto senza doversi attendere la conclusione del contratto definitivo.

 

Cassazione, 18/5/01 n. 6827

Al fine di riconoscere il diritto del mediatore alla provvigione l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti, poste in relazione dal mediatore, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione del contratto; pertanto, anche un contratto preliminare di vendita di cosa altrui deve essere considerato atto conclusivo dell’affare, in quanto tale tipo di contratto non é né nullo né annullabile, importando solo l’obbligo a carico del venditore di acquistare dal proprietario il bene per trasmetterlo al compratore che ne diviene proprietario nel momento in cui il venditore ne consegue la proprietà.

 

Cassazione, 11/5/01 n. 6599

Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, con la conseguenza che anche la stipula di un contratto preliminare può legittimamente considerarsi come “atto conclusivo dell’affare”.

 

Cassazione, 11/1/01 n. 325

Ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando fra le parti poste in relazione dal mediatore siasi costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del contratto.

 

Cassazione, 30/12/97 n. 13132

Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione del negozio, con la conseguenza che anche la stipula di un contratto preliminare può legittimamente considerarsi come "atto conclusivo dell'affare”, a nulla rilevando la qualità o la quantità del lavoro svolto dal professionista, il cui unico onere, onde ricevere il dovuto compenso, consiste, appunto, nel procurare il risultato della conclusione dell'affare.

 

Cassazione, 3/10/97 n. 9676

Al fine di riconoscere il diritto alla provvigione al mediatore ex art. 1755 c.c., l'affare deve ritenersi concluso quando tra le parti poste ' in relazione dal mediatore si sia validamente costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l'esecuzione del contratto; pertanto, anche un contratto preliminare di compravendita deve considerarsi atto conclusivo dell'affare, salvo che le parti abbiano inteso derogare alla disciplina legale attribuendo il diritto alla provvigione al momento della sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita.

 

Deve esserci un rapporto casuale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare

 

Cassazione, 6/9/01 n. 11467

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che — anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell’affare — la “messa in relazione” da parte del mediatore costituisca pur sempre l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare (nella specie la suprema corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell’affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente, per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate). L’affare, la cui conclusione per effetto dell’intervento del mediatore genera il diritto di quest’ultimo alla provvigione, deve intendersi in senso generico ed empirico, come qualsiasi operazione di natura economica  generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro  complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti; condizione perché sorga il diritto alla provvigione è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione conclusiva, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale (nella specie, il mediatore aveva messo in contatto due società per la vendita di un immobile, successivamente detto bene era stato venduto ad una terza società, che lo aveva poi concesso in leasing alla prima aspirante compratrice; il giudice del merito ha ritenuto insussistente il diritto del mediatore alla provvigione, non ravvisando identità tra l’affare intermediato e quello concluso, essendo irrilevante che la prima società avesse la disponibilità dell’immobile, traendo questa origine da locazione finanziaria; la suprema corte, in applicazione del suesposto principio ha confermato detta decisione).

 

Cassazione, 2/8/01 n. 10606

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che — anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell’affare — la messa in relazione da parte del mediatore costituisca pur sempre l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare (nella specie la suprema corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell’affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente, per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate).

 

Cassazione, 21/11/00 n. 15014

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dello stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente, e con l’intervento di altro mediatore, non essendo un unico elemento di parziale differenziazione, da solo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo aveva messo le parti in relazione tra loro e l’affare tra le stesse concluso (nella specie, in applicazione di tale principio, la suprema corte ha cassato la sentenza di appello che, in difformità della decisione di primo grado, aveva escluso la sussistenza del diritto alla provvigione in capo al mediatore che aveva messo in relazione, per la compravendita di un appartamento, due soggetti, i quali, per iniziale disaccordo sul prezzo, avevano concluso l’affare solo in un momento successivo, e dopo aver affidato al trattativa ad altro mediatore, a seguito di una modesta riduzione, da centotrenta a centoventitrè milioni, del prezzo dell’immobile). Né l’intervallo di tempo tra la conclusione del contratto e le prime trattative, né il successivo interessamento anche di altri soggetti, sono, in sé, circostanze idonee ad escludere che l’attività iniziale, espletata da colui che pretende la provvigione, costituisca l’antecedente necessario della conclusione dell’affare, e perciò non interrompono il nesso di causalità tra quella e questa. Gli usi normativi, contemplanti dall’art. 1 n. 4 disp. prel. c.c. sono norme giuridiche che il giudice ha l’obbligo si applicare se le conosce, ma non ha l’onere di indagare personalmente per accertarne l’esistenza disponendo ex officio attività istruttorie per sopperire all’inerzia delle parti.

 

Cassazione, 15/5/00 n. 6220

In tema di mediazione, non possono essere considerati obbligati al pagamento della provvigione ex art. 1754 e 1755 c.c., i soggetti che non hanno partecipato alla conclusione dell’affare.

 

Cassazione, 25/2/00 n. 2136

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente, e con l’intervento di altro mediatore, non essendo un unico elemento di parziale differenziazione, da solo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo aveva messo le parti in relazione tra loro e l’affare tra le stesse concluso (nella specie, in applicazione di tale principio, la suprema corte ha cassato la sentenza di appello che, in difformità della decisione di primo grado, aveva escluso la sussistenza del diritto alla provvigione in capo al mediatore che aveva messo in relazione, per la compravendita di un appartamento, due soggetti, i quali, per iniziale disaccordo sul prezzo, avevano concluso l’affare solo in  un momento successivo, e dopo aver affidato la trattativa ad altro mediatore, a seguito di una modesta riduzione, da centotrenta a centoventitrè milioni, del prezzo dell’immobile).

 

L’attività del mediatore non deve essere per forza il fattore determinante per la conclusione dell’affare

 

Cassazione, 5/7/01 n. 9078

Il contratto del mediatore alla provvigione deve essere riconosciuto anche quando l’attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile quale fattore esclusivo e determinante la conclusione dell’affare, risultando sufficiente invece che, rispetto al negozio concluso dalle parti, l’attività di intermediazione assuma il carattere indefettibile della completezza e non venga per contro in rilievo, una volta stipulato il negozio medesimo, la contestazione dell’esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione, da ritenersi inidonei ad incidere sull’efficienza causale, esclusiva o concorrente dell’opera del mediatore, ovvero all’eventuale successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative.

 

Cassazione, 5/7/01 n. 9078

Al mediatore spetta il compenso di provvigione pur in assenza di un incarico specifico, purché sussista il rapporto di causalità tra il suo operato e la conclusione dell’affare; il diritto del mediatore deve essere riconosciuto anche quando l’attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile come fattore esclusivo determinante la conclusione dell’affare, risultando sufficiente, invece che, rispetto al negozio concluso dalle parti, l’attività di intermediazione assuma il carattere indefettibile della completezza e non venga in rilievo, una volta stipulato il negozio medesimo, la contestazione dell’esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione, ovvero dell’eventuale successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative.

 

Cassazione, 11/6/99 n. 5760

Per ottenere il pagamento della provvigione, il mediatore ha l’onere di provare l’esistenza d’un valido nesso causale tra l’attività mediatoria e la conclusione dell’affare; la prova di tale nesso causale non può tuttavia essere fornita semplicemente dimostrando la successione cronologica tra attività del mediatore e conclusione dell’affare, in base al paralogismo post hoc, ergo propter hoc. 

 

Cassazione, 23/4/99 n. 4043

In tema di mediazione, l’accertamento della esistenza di un nesso di causalità tra l’affare concluso dopo la scadenza del mandato e l’attività svolta dal mediatore nel corso del mandato stesso costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, sottratto al sindacato di legittimità se congruamente motivato.

 

Cassazione, 28/7/97 n. 7048

Il diritto del mediatore alla provvigione va riconosciuto anche quando la attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile come fattore esclusivo o determinante della conclusione dell'affare, risultando sufficiente, invece, che, rispetto a quest'ultimo, la menzionata attività presenti il solo, indefettibile carattere della completezza, e non assumendo, per contro, rilievo, una volta stipulato il negozio, la contestazione dell'esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione (da ritenersi inidonei ad incidere sull'efficienza causale, esclusiva o concorrente, dell'opera del mediatore), ovvero dell'eventuale, successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative.

 

Non occorre che tra venditore e acquirente si firmi un contratto

 

Cassazione, 28/6/01 n. 8850

Il diritto del mediatore alla provvigione, ex art. 1755 c.c., deve essere riconosciuto in relazione alla conclusione dell’affare e non già in relazione alla conclusione del relativo negozio giuridico tra le stesse parti, e permane anche se le parti sostituiscono altri a se stesse nella stipulazione del contratto; in tal caso, peraltro, debitore della provvigione resta pur sempre la parte originaria (essendo costei la persona con cui il mediatore ha avuto rapporti), con la conseguenza che nessuna efficacia interruttiva della prescrizione del diritto alla provvigione stessa può attribuirsi, rispetto alla nuova parte, all’eventuale atto di costituzione in mora compiuto nei confronti della parte originaria, in assenza di ogni vincolo di solidarietà tra le predette.

 

Cassazione, 22/5/01 n. 6963

Il consenso necessario per ritenere concluso il contratto di mediazione ove sia frutto di una specifico incarico conferito al mediatore, può essere manifestato validamente anche per facta concludentia come quando la parte si avvalga consapevolmente dell’opera del mediatore ai fini della conclusione dell’affare.

 

Non basta che le parti siano state messe in contatto

 

Cassazione, 15/5/01 n. 5703

In tema del diritto del mediatore alla provvigione, quando una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore non dia risultato positivo, in tanto può affermarsi che la conclusione dell’affare cui le parti siano successivamente pervenute é indipendente dall’intervento del mediatore che le abbia poste originariamente in contatto in quanto la ripresa delle trattative sia intervenuta per effetto d’iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l’utilità dell’originario intervento del mediatore.

 

Cassazione, 20/2/97 n. 1566

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l'attività del mediatore e la conclusione dell'affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che -anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell'affare - la "messa in relazione" da parte del mediatore costituisca pur sempre l'antecedente necessario per prevenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell'affare (nella specie, la suprema corte ha confermato la sentenza d'appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l'intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell'affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate).

 

Non occorre un incarico espresso

 

Cassazione, 30/1/01 n. 1290

In tema di mediazione, ove sia concluso l’affare tra le parti comunque messe in contatto da un intermediario, il diritto di quest’ultimo alla provvigione sorge anche in assenza di un incarico espresso o ricostruibile, purché l’attività svolta dal richiedente detta provvigione abbia avuto efficacia concausale ai fini della conclusione dell’affare.

 

Cassazione, 11/5/98 n. 4742

Il diritto alla provvigione sorge per il mediatore anche in assenza di un incarico specifico purché sussista il rapporto di causalità tra l'operato del mediatore e la conclusione dell'affare, come nel caso in cui le parti siano state poste in relazione fra loro a tal fine.

 

Cassazione, 12/9/97 n. 9004

Il diritto del mediatore, alla provvigione non postula l'esistenza di uno specifico incarico né può essere escluso per il fatto che il ruolo di mediatore concretamente assunto da chi rivendica il compenso provvigionale non sia emerso sin dal primo contatto fra le parti, se successivamente tale ruolo risulti chiaro, potendo negarsi il diritto alla provvigione solo per mancanza di nesso di causa fra l'attività svolta e la conclusione dell'affare.

 

Condizione è l’imparzialità

 

Cassazione, 6/7/99 n. 6956

Il rapporto di mediazione ricorre quando intercorra un’interposizione imparziale tra contraenti, diretta a <<metterli in relazione>>, appianandone le divergenze e favorendone l’intesa, alla cui sola conclusione è connesso il diritto al compenso. 

 

E’ possibile che una delle due parti nel contratto sia sostituita da un’altra

 

Cassazione, 21/5/98 n. 5080

Al fine di riconoscere il diritto del mediatore alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’adempimento del contratto, indipendentemente dal fatto che, a tal fine, siano formulate concrete rivendicazioni in via giudiziale. Il mediatore ha diritto al pagamento della provvigione nei confronti delle parti che conclusero l’affare, ove si verifichi la sostituzione di una di esse nella stipulazione del contratto, indipendentemente dal concreto coinvolgimento della parte sostituita nella ricerca e nella sostituzione del diverso contraente.

 

Quando si prescrive il diritto alla provvigione

 

Cassazione, 13/4/98 n. 1221

Il termine annuale di prescrizione previsto dall'art. 2950 c.c., decorre dal momento dell'intervenuta conclusione dell'affare, poiché è esattamente in tale momento che sorge il diritto del mediatore a essere retribuito per l'attività da lui stesso espletata.

 

Divisione della provvigione tra più mediatori: quando

 

Cassazione, 21/6/00 n. 8443

Il diritto alla divisione tra più mediatori sorge, a norma dell’art. 1758 c.c., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, alla conclusione dell’affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo.

 

Cassazione, 4/2/00 n. 1233

Il diritto alla provvigione spetta a chi abbia prestato effettivamente opera di mediazione e, quindi, abbia cooperato a mettere in relazione i soggetti del contratto principale; tale cooperazione non si esplica - e pertanto non sussiste la fattispecie contrattuale della mediazione - nel caso in cui un soggetto si limiti a segnalare l’affare ad altri, il quale poi provvede a ricercare il contraente ed a stabilire il contatto tra le parti.

 

Cassazione, 13/2/98 n. 1564

Il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge a norma dell'art. 1758 c.c. non soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa alla conclusione dell'affare, ma anche quando abbiano agito successivamente ed in modo autonomo, purché l'uno di essi si sia giovato dell'apporto utile dell'altro, limitandosi da parte sua ad integrarlo ai fini del raggiungimento dell'accordo in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i singoli e separati interventi dei vari mediatori e la conclusione dell'affare.

 

Cassazione, 7/8/97 n. 7311

In materia di mediazione, l'art. 1758 c.c. non ha carattere di disposizione speciale rispetto all'art. 1755, per cui, anche quando la conclusione dell'affare sia stata determinata dall'attività intermediatrice di più persone, soggetto obbligato al pagamento della provvigione è sempre e soltanto ciascuna delle parti che hanno concluso l'affare, mentre la pluralità dei mediatori comporta, data la divisibilità della obbligazione, l'applicazione della regola di cui all'art. 1314 c.c.; pertanto, poiché ciascuno dei mediatori, ai sensi del cit. art. 1758 c.c., ha diritto ad una quota della provvigione, l'obbligato può considerarsi liberato solo quando abbia corrisposto a ciascuno la quota spettantegli, salvo che sia stata pattuita la solidarietà dell'obbligazione dal lato attivo, nel qual caso è liberatorio il pagamento dell'intera provvigione ad uno solo dei mediatori e gli altri hanno azione esclusivamente contro quest'ultimo per ottenere la propria parte.